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"... dirimente è poi nel caso di Giuliani, qui e altrove, la partenza dal travertino, che egli ha nel tempo eletto a suo materiale esclusivo: dalle sue lacune improvvise, dalle sue ferite ed erosioni impreventivabili, che il lento lavoro di scavo cui la pietra è sottoposta evidenzia; lacune e ferite che saranno qui sanate, con gesto riparatore, dal gesso e dalle resine, e là invece lasciate in vista. Sono, quegli squarci inattesi e quasi crudeli che un processo imperfetto di sedimentazione secolare impongono al materiale, la sorpresa e il rischio di Giuliani: rischio consapevolmente assunto, e garante di un'opera da cui ogni orgoglio classicistico è bandito; e in cui precipita, come in una voragine ansiosa, ogni meta di perfezione. L'irrecuperabilità di una intatta perfezione di forma prende figura nell'opera di Giuliani attraverso quelle ferite, attraverso quei colpi reiterati inferti all'integrità della pietra (e identicamente nella carta: giacché negli splendidi e pochissimo noti suoi disegni si riproduce proprio quel lungo e ossessivo lavoro di scavo, teso alla ricerca di una smarrita integrità, alterno fra ferita e suturazione, che è alla base del lavoro scultoreo)." (Fabrizio D'Amico).